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la Tarantola assassina

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Decisamente più aderente al modello è La tarantola dal ventre nero (1971) di Paolo Cavara che realizza uno dei più riusciti film argentiani di quegli anni. Giancarlo Giannini riunisce le caratteristiche dei protagonisti di Argento, quasi forzatamente trascinati nell’indagine, alla figura del classico commissario. Se il titolo, la serie di omicidi di discinte peccatrici (Barbara Bouchet, Claudine Auger, Barbara Bach, Annabella Incontrera) che gravitano intorno a un ambiguo istituto di bellezza, l’identità e i metodi dell’assassino rimandano a modelli di successo, lo svolgimento rivela un piglio particolare. C’è persino l’inserimento di una sottotrama quasi da polizziottesco (un traffico di droga), insomma un’opera non certo di pura imitazione. La trama poi sembra quasi anticipare alcune atmosfere di Sotto il vestito niente con il ritratto di una Milano bene che nasconde traffici e devianze dietro gli istituti di bellezza. La spiegazione forse può sembrare banale, soprattutto oggi che ne abbiamo viste tante varianti. Però all’epoca funzionava e Giannini disperato, sempre di corsa pur di salvare la Sandrelli qui ‘svestita’ da fidanzatina è davvero credibile. Si intuisce da parte del regista la volontà di prendere un genere di successo e confezionare un film commercialmente appetibile, ma al tempo stesso di prenderne gli elementi di base per analizzarli, esasperarli. Operazione intellettualoide? Forse, ma realizzata con intelligenza tale da non scontentare il pubblico ‘semplice’ che , invece, cerca la ripetizione di canoni già consolidati.

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